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Allo illustrissimo et reverendissimo Signore, Don Hippolito da Este, Cardinal di Ferrara

di Federica Fabbri

L’opera di Cristoforo Messisbugo è dedicata a Ippolito II d’Este (1509-1555). La dedica al cardinale, posta subito dopo il frontespizio, è ovviamente presente nella prima edizione a stampa dell’opera di Messisbugo, pubblicata postuma nel 1549, fu mantenuta in quella veneziana del 1552, la prima con il titolo Libro novo, e in tutte le successive ristampe cinque e seicentesche.
La nomina di Ippolito II d’Este a cardinale in pectore il 20 dicembre 1538 da parte di Papa Paolo III, su richiesta personale di Francesco I di Francia, avrebbe voluto essere per Messisbugo l’occasione per organizzare una festa grandiosa, «allegorica a tema e scherzosa (…), costruita attraverso una sontuosa offerta di cibo e, probabilmente, mediante l’elaborazione di piatti adeguati all’argomento, in un’atmosfera onirica e astratta, allusiva e simbolica»1:
«Publicata che fu Illustrissimo & Reuerendissimo Monsignore, la desiderata nouella di quella honoratissima dignitade che gia molti anni prima vi haueano prescitto i meriti grandi, il valor singolare, & le virtu infinite, che vi illustrano l’animo (…) senti subito infondersi in me quella grande e smisurata allegrezza, che sentir dee uno fedele sincero, & affetionatissimo seruidore, come io vi sono. La onde ardendo tutto di desidero di far similmente conoscere a gli altri la inestimabile consolatione che mi gioua nel core, deliberai di fare una festa magnifica (…)».

Alla volontà di Messisbugo si oppose però lo stesso porporato:
 
«essendomi stato il cio fare prohibito da chi mi puo commandare (…)»;

egli dovette dunque accontentarsi di redigere una dettagliata cronaca di alcuni conviti allestiti presso la corte, seguita da un vero e proprio trattato di arte culinaria, con la descrizione delle modalità di preparazione dei cibi, concepito per ammaestrare i registi di festini, cene, banchetti allestiti nelle più svariate occasioni per personaggi facoltosi e altolocati:

«non ho pero voluto mancare di consecrarle hora alcuni conuiti mei, abondanti di varie & diuerse viuande dalla diligenza, dalla industria, & dalla esperienza del mio basso & rozzo ingegno ritratte, & composte, & in effetto fatte (…)».
Libro novo, 1559, cc. A2rv: dedica a Ippolito II d’Este. Esemplare biblioteca ‘G. Taroni’, Bagnacavallo.
L’autore chiarisce dunque nella dedica a Ippolito d’Este le circostanze relative alla nascita della sua opera.
Il codice It. 2 = α.P.9.4 della Biblioteca Estense Universitaria di Modena, recante al recto della prima carta il titolo in inchiostro rosso e lettere capitali Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale di Christofaro di Messisbugo, fu quasi certamente il manoscritto di dedica a Ippolito d’Este, pertanto anteriore alla prima edizione a stampa dell’opera, che anche nelle intenzioni di Messisbugo sarebbe stata realizzata solo – e se possibile – in un secondo tempo, come d’altra parte esplicitamente dichiarato nella stessa dedica:

«differendo ad altro tempo la editione (se pur ella mi sia mai concessa)».

Vergato in inchiostro bruno da una sola mano in umanistica corsiva, esso è dunque ascrivibile al periodo compreso tra la nomina di Ippolito a cardinale e la prima edizione a stampa (1538-1549). L’attuale legatura in bazzana rossa, cosiddetta ‘tiraboschiana’ perché eseguita a Modena tra il 1770 e il 1794 sotto la direzione di Girolomo Tiraboschi (1731-1794), ci consente solo di ipotizzare se quella originale, oggi perduta, presentasse espliciti riferimenti al dedicatario dell’opera (armi o iniziali del nome) sul piatto anteriore, come nel caso della legatura ‘di tipo aldino’ che riveste la cinquecentina di dedica 14 E 7 della biblioteca Panizzi di Reggio-Emilia, realizzata presumibilmente in area veneta per Ercole II d’Este (1508-1559), fratello di Ippolito, come indica la dicitura presente sul piatto anteriore2.
Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale, ms. cart. (1538-1549 ca.): titolo e dedica a Ippolito II d’Este. Modena, Biblioteca Estense Universitaria, It. 2 = α.P.9.4..
Di seguito l’inizio del racconto di uno dei quattordici banchetti di cui si fa menzione nella seconda parte dell’opera di Messisbugo, con protagonisti Ippolito d’Este, allora ancora arcivescovo di Milano, Ercole II d’Este e Renata di Francia, rispettivamente fratello e cognata di Ippolito; al di sotto, la descrizione fattane da Vincenzo Pacifici nel 1920:

Ferrara, Palazzo di Belfiore, 20 maggio 1529 (S. Bernardino) - Cena di pesce allestita da Ippolito II d’Este, allora arcivescovo di Milano,
in onore di Ercole II d’Este e Renata di Francia.
Libro novo, 1559, c. B1r (il seguito del banchetto alle cc. B1v-B6v). Esemplare biblioteca ‘G. Taroni’, Bagnacavallo.
Note:
1 Barbara Di Pascale, Banchetti estensi: la spettacolarità del cibo alla corte di Ferrara nel Rinascimento, Imola, La Mandragora, 1995, pp. 43-44.
2 Per alcune immagini della legatura e la sua descrizione si rimanda alla relativa scheda nel progetto Catalogo delle antiche legature di pregio: http://panizzi.comune.re.it/Sezione.jsp?titolo=14+E+7&idSezione=1633

Vincenzo Pacifici, Ippolito II d’Este
cardinale di Ferrara (da documenti originali inediti)
, pp. 13-15

« Il banchetto che egli ricambiò a Ercole e Renata il 20 maggio 1529 nel suo palazzo di Belfiore, se non raggiunse il culmine del fasto estense, fu trai i più sontuosi che Ferrara ricordasse. Dopo una corsa di cavalli all’anello che aprì la ricchissima festa, i convitati si riunirono nel salotto del giardino per assistere ad una farsa cui fece seguito un’orchestra di vari strumenti ed un canto di moltissime voci. Seguendo poi un gruppo di quattro musici, che, vestiti in uguale livrea e suonando una cetra ed un’arpa, un flauto e un leuto, accompagnavano le danze veloci di quattro fanciulli e di quattro giovinette, tornarono nuovamente al giardino. Là si assisero a mensa sotto un frascato onde pendevano festoni odorosi alternati a stemmi ducali, mentre fervida li accompagnava la danza ed intensi profumi si diffondevano nell’aria dalle esperte mani dei servi. Lo scintillio dei coltelli e delle saliere d’argento animava i candidi lini guizzando fra le statuette di zucchero dorato figuranti Veneri, Cupidi e Bacchi, trai tovaglioli piegati in guise bizzarre, trai vivaci blasoni dei commensali e trai fiori largamente profusi. Sotto i portici addobbati rilucevano al lume tremulo dei preziosi doppieri le bottiglierie tintinnenti al passo agile dei siniscalchi; da un lato del giardino un altro frascato pure adorno di festoni e di stemmi, era stato eretto ad accogliere i musici. Tromboni e cornette, flauti, cembali ed arpe, oboè, violoni, cornamuse e cetre elevarono nell’aria durante il convito melodie soavissime che i presenti agguagliarono ai canti del cielo. Come la musica tacque una fratta di buffoni «alla veneziana» e «alla bergamasca» si slanciò fra le mense lazzeggiando; poi, allorché i musici del duca, Giovan Michele, maestro Gravio e James del Falcone ebber composto un eletto coro, il tamburino di Renata con quattro giovani e quattro damigelle errarono attorno alle tavole eseguendo danze varie: il «brando» e la «bassa di Spagna» la «reogarsa» ed il ballo «comune». Ogni musica, ogni danza, ogni gioco s’iniziava all’apparire di una nuova vivanda nel convito; come si giunse alla nona il banchetto parve aver termine e le mense furono tolte, ma una triplice tovaglia era stata distessa sui tavoli che furono all’istante ripieni di arredi nuovi; tornarono a ornarli statuine di pasta in forma di mori e di more ignude con le teste inghirlandate di lauro e ad ogni convitato si distribuì un pane di zucchero e latte fatto a guisa di un piccolo colombo. Il pranzo ricominciò allora maggiormente animato: maestro Afranio deliziò i commensali già ebbri con le melodie del suo fagotto, una damigella in ricchissime vesti suonò e cantò un madrigale sul liuto, cori di villani intonarono canzoni agresti, i pifferi dieder fiato a una moresca, mentre a lume di torcie i contadini fingevano di falciar l’erbe del viridario, un cantore camuffato da Orfeo balzò fuori con la sua lira cantando, e quattro fanciulli francesi innalzarono soavemente canzoni di «gorga». Il convito terminò così, coronato dalle loro note purissime e fu servita alle mani l’acqua odorosa. Ultima apparve allora la diciottesima vivanda, le «confezioni», mentre Alfonso della Viola guidava con sì grande maestria un’orchestra ricca di strumenti e di voci che «ad ogniuno pareva essere alle superne parti passato». A tal punto l’arcivescovo fece recarsi dinanzi una navicella d’argento ripiena di collane e d’anelli, di bracciali e orecchini, di monili innumeri e di guanti profumati e li offrì ai commensali in ricordo di quella gran festa. Erano le cinque di notte e il convito durava da nove ore: infinite qualità di vini prelibati, ogni leccornia di complicati dolciumi, mille vivande d’erbe e di pesce (chè di solo pesche fu servita la cena, ed era questo un sommo vanto per gli scalchi della rinascenza) insalate disposte a foggia di stemmi, salse con l’impresa del prelato estense, lucci con le fauci dipinte d’oro, eran passati velocemente innanzi a quella nobiltà epicureica che assisteva ora ebbra e sonnecchiante al ballo di una moresca in cui i danzatori in livrea, agitando nelle mani candide torcie accese da ambi gli estremi, ponevan termine al regale festino ».
Ippolito II d’Este
(Ferrara, 25 agosto 1509 – Roma, 2 dicembre 1572)
Secondogenito di Alfonso I d’Este e di Lucrezia Borgia, nipote del cardinale omonimo Ippolito d’Este, morto nel 1520. Nominato cardinale in pectore da Papa Paolo III il 20 dicembre 1538 per intercessione di Francesco I di Francia, pubblicato il 10 novembre 1539. A lui si deve la realizzazione di Villa d’Este a Tivoli. E’ sepolto a Tivoli nella chiesa di S. Maria Maggiore.
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Riferimenti bibliografici:
Su Ippolito II d’Este, in particolare:
Vincenzo Pacifici, Ippolito II d’Este, cardinale di Ferrara (da documenti originali inediti), Tivoli, nella sede della Società di Storia e d'Arte in villa d'Este, 1920 (alle pp. 13-17 accurata descrizione dei banchetti di cui nell’opera di Messisbugo).

Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, LXIII (1993), pp. 367-374 e relativa bibliografia (disponibile anche online).

Marina Cogotti, Alla tavola di Ippolito II d’Este. Il ‘sontuoso convivio’ in una corte cardinalizia del XVI secolo, in Magnificenze a tavola: le arti del banchetto rinascimentale. Catalogo della mostra (Tivoli, Villa d’Este, 15 giugno-4 novembre 2012), a cura di Marina Cogotti e June di Schino, Roma, De Luca Editori d’Arte, 2012, pp. 17-36.

Ippolito II d' Este: cardinale, principe, mecenate. Atti del convegno (Tivoli, 13-15 maggio 2010), a cura di Marina Cogotti e Francesco Paolo Fiore, Roma, De Luca Editori d’Arte, 2013.

Araldica vaticana: http://www.araldicavaticana.com/este.htm.

Fondazione Memofonte. Collezionismo estense: http://www.memofonte.it/ricerche/collezionismo-estense/.

Sul manoscritto estense It. 2 = α.P.9.4, in particolare:
Manus OnLine. Censimento dei manoscritti delle biblioteche italiane: https://manus.iccu.sbn.it/opac_SchedaScheda.php?ID=169860.

A tavola con il Principe. Materiali per una mostra su alimentazione e cultura nella Ferrara degli Estensi. Catalogo della mostra (Ferrara, 1 ottobre 1988 - 12 febbraio 1989), Ferrara, Gabriele Corbo & C., 1988, p. 265.

I luoghi della memoria scritta. Manoscritti, incunaboli, libri a stampa di Biblioteche Statali Italiane. Catalogo della mostra tenuta a Firenze, Modena, Montecassino, Roma e Venezia nel 1994, Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, 1994, p. 262 (nella scheda è erroneamente attribuita a Ippolito II d’Este la xilografia presente al verso della prima carta del manoscritto estense).

Su Girolamo Tiraboschi e sulle legature estensi e tiraboschiane, in particolare:
Giuseppe Fumagalli, L’arte della legatura alla corte degli Estensi, a Ferrara e a Modena, dal sec. XV al XIX. Col catalogo delle legature pregevoli della Biblioteca Estense di Modena, Firenze, Libreria antiquaria T. De Marinis & C., 1913.

Girolamo Tiraboschi (1731-1794). Mostra documentario-bibliografica nel secondo centenario della morte (Modena, 11 maggio - 15 giugno 1996), presentazione di Ernesto Milano, Modena, Il Bulino, 1996 (disponibile (disponibile anche online: http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/esp/i-mo-beu-1996-sc.m.30.tiraboschi.pdf).


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